Il processo di separazione e quello finalizzato allo scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili dello stesso sono regolati da differenti disposizioni. Il primo trova la sua disciplina nel codice di procedura civile e in particolare negli artt. 706 e ss. c.p.c,. il processo di divorzio invece nella L. 898/1970 (artt. 4 e ss.). Sono entrambi procedimenti di cognizione speciali.


Venendo in particolare al procedimento finalizzato allo scioglimento del matrimonio o alla cessazione degli effetti civili dello stesso, comunemente chiamato divorzio, si evidenzia come sia bifasico ossia si articola in due distinte fasi: la prima detta presidenziale si svolge di fronte al presidente del tribunale, con una cognizione sommaria, ed è finalizzata al tentativo di conciliazione e all’adozione dei provvedimenti presidenziali, l’altra, successiva, è contenziosa.


L’istanza volta ad ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio deve assumere, ai sensi dell’art. 4 della L. 898/1970 la forma di un ricorso il quale deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si fonda la domanda, nonché l’indicazione dell’esistenza di figli di entrambi i coniugi. Al ricorso e alla prima memoria difensiva devono essere allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate dalle parti (art. 4, comma 6, legge n. 898/1970).


Il ricorso può essere presentato solo dai coniugi (art. 4) essendo l’azione strettamente personale. Può proporre domanda di divorzio anche il coniuge cui è stata addebitata la separazione.
In relazione alla competenza territoriale la legge, come risulta in seguito ad un intervento della Corte Costituzionale, stabilisce che la domanda relativa allo scioglimento del matrimonio va proposta al tribunale del foro del convenuto. Si prevede inoltre che qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si proponga al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica.
Si precisa altresì che nel caso di divorzio congiunto la domanda può essere proposta indifferentemente al tribunale del luogo di residenza o domicilio dell’uno o dell’altro coniuge. Se i coniugi non hanno in Italia neppure il domicilio è competente qualsiasi tribunale della Repubblica (art. 4, comma 1, legge n. 898/1970).
Una volta proposto il ricorso il cancelliere ne da comunicazione all’ufficiale di stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto, il quale deve annotarlo in calce all’atto.
Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso. Fissa inoltre il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Nel caso in cui il convenuto sia malato di mente o legalmente incapace il presidente nomina un curatore.


All’udienza così fissata i coniugi devono comparire personalmente con l’assistenza del difensore, salvo gravi e comprovati motivi: l’udienza è infatti preordinata al tentativo di conciliazione che deve essere esperito dal presidente del tribunale, il quale deve ascoltare marito e moglie prima separatamente e poi congiuntamente. Si sottolinea come tale tentativo sia divenuto nella prassi un momento nel quale il presidente invita i coniugi a tentare una soluzione conciliativa della loro vertenza matrimoniale.
Qualora in udienza non si presenti il ricorrente la domanda non ha effetto. Se invece non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.


Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale e il procedimento si chiude (art. 4, comma 7, legge n. 898/1970).
Se invece, come accade nella quasi totalità dei casi, i coniugi non si riconciliano o anche se il convenuto non compare il presidente, disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, detta con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole.


I provvedimenti assunti, detti presidenziali, sono finalizzati a regolare la situazione nelle more del giudizio:
– regolamentano l’affidamento dei figli e la loro collocazione;
– regolano le modalità di esercizio della facoltà di visita del genitore non collocatario o non affidatario;
– determinano l’ammontare di un eventuale assegno di mantenimento a carico di uno dei due e a favore dell’altro, e ne regolano le modalità per la corresponsione;
assegnano la casa familiare.

Il giudice nel giudizio di divorzio può modificare le condizioni già definite al momento della separazione oppure lasciarle come sono. In questo caso resteranno valide fino alla sentenza di scioglimento del matrimonio.
Si evidenzia come i provvedimenti presidenziali prescindano dalla domanda delle parti. Il presidente pertanto li può adottare “anche d’ufficio”.
L’ordinanza che detta i provvedimenti, emessa sulla base di un’istruttoria del tutto sommaria, viene considerata soggetta alla clausola rebus sic stantibus e pertanto nel caso in cui si verifichino mutamenti nelle circostanze può essere revocata o modificata dal giudice istruttore (art. 4, comma 8, L. 898/1970).


Con l’ordinanza, con cui il presidente dà atto del mancato raggiungimento di una conciliazione, il presidente nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Concede inoltre all’attore un termine perentorio entro il quale notificare la stessa ordinanza al convenuto non comparso, assegna un termine perentorio per il ricorrente per depositare una memoria integrativa, ed infine assegna al convenuto un termine per la sua costituzione in giudizio.
L’ordinanza costituisce titolo esecutivo. Essa conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo, fino alla sostituzione con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per divorzio.


I provvedimenti presidenziali possono essere reclamati con ricorso alla Corte d’Appello che si pronuncia in camera di consiglio.
Dopo l’emissione dei provvedimenti il giudizio prosegue a cognizione piena. Si ha quindi un’eventuale fase istruttoria nella quale il giudice può anche disporre d’ufficio indagini sui redditi e sull’effettivo tenore di vita dei coniugi al fine di quantificare l’assegno di mantenimento. È necessario l’intervento in causa del pubblico ministero.
Dopo l’istruttoria, la causa viene rimessa in decisione.
I coniugi possono anche presentare una domanda congiunta di divorzio indicando le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici. La domanda va proposta con ricorso al tribunale, il quale sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, decide con sentenza all’esito di un procedimento in camera di consiglio.

Si tratta un procedimento contenzioso che richiede la difesa tecnica. Il tribunale può infatti anche respingere l’accordo dei due nel caso in cui non ravvisi l’esistenza di una delle cause di scioglimento del matrimonio, o se le condizioni proposte non corrispondono all’interesse dei figli. In tal caso con ordinanza rimette le parti dinanzi al giudice istruttore pronunciando i provvedimenti provvisori nell’interesse dei coniugi e della prole.
Nel caso in cui i coniugi promuovano giudizio contenzioso di divorzio e si accordino successivamente in corso di causa, è possibile la trasformazione del procedimento in camerale per divorzio congiunto.
Il giudizio, comunque sia iniziato, sia con domanda di un solo coniuge che con domanda congiunta, si conclude con una sentenza che è costitutiva dello status di divorzio, ed è soggetta ai normali mezzi di impugnazione, appello e ricorso per Cassazione. La sentenza può essere impugnata oltre che dalle parti anche dal pubblico ministero limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci (art. 5).
L’impugnazione può investire i soli capi della sentenza contenenti i provvedimenti relativi ai figli, alla casa, e all’assegno di mantenimento rendendo così possibile il passaggio in giudicato della pronuncia che dichiara lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica.

L’art. 4 L. div. prevede la possibilità per il tribunale di emettere sentenza non definitiva nel caso in cui il giudizio debba continuare per definire le altre questioni. Contro tale sentenza non è ammissibile riserva d’appello. Non si può pertanto appellare tale capo unitamente alla sentenza finale, ma l’appello deve essere immediato cosicché qualora questo non sia proposto entro i termini la pronuncia costitutiva di divorzio passa in giudicato.
La sentenza inoltre deve essere trasmessa a cura del cancelliere all’ufficiale dello stato civile per essere annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Le norme
L. 898/1970 artt. 5 ss.

Fonte: Il sole 24 ore

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